IL VINO NEL CILENTO
La storia della viti- vinocoltura riscuote crescente interesse, come dimostrano i saggi degli ultimi anni pubblicati in Europa e negli Stati Uniti. La viticoltura italiana, in particolare presenza radici culturali marcate ed interessanti, alle quali ha contribuito la specificità delle caratterizzazioni regionali. La Campania, etichettata FELIX dai romani anche per la qualità dei suoi vini, da questo punto di vista gode d’una posizione molto vantaggiosa. Si ritiene, infatti, che la vite sia approdata in questa regione nel’ XII secolo avanti Cristo, portatavi probabilmente da coloni che successivamente popoleranno anche Poseidonia ed Eea, un dato che aiuta a comprendere perché il vino abbia radici così profonde nella tradizione e nell’economia del Cilento. I grandi vini cilentani sono un dono della natura ed il risultato di pazienti cure dei coltivatori, attestando l’importanza del fattore umano nel determinare la qualità. Il Cilento è stato fino agli anni sessanta una zona di produzione di ottimi vini da taglio; con la costruzione della Cantina Sociale di Rutino, si iniziò una produzione rivolta al consumatore finale, con la presentazione del vino in bottiglia anziché in damigiane. Nacquero così il Cilento Bianco, il Cilento Rosso, l’Aglianico del Cilento, che per quei tempi erano buoni vini. E il riconoscimento della D.O.C. ( Denominazione di Origine Controllata ) ai vini del “Cilento” , avvenuto il 1989, indubbiamente rappresenta un importante riconoscimento alla viti coltura cilentana.
Questi i magnifici quattro:
“Cilento” rosso: colore: rosso rubino; odore: vinoso caratteristico; sapore: delicato, asciutto .
“Cilento” rosato: colore: rosa più o meno intenso; odore: caratteristico; sapore: armonico, fresco.
“Cilento” bianco: colore: paglierino più o meno intenso; odore: delicato caratteristico; sapore: fresco, armonico;
“Cilento” Aglianico: colore: rosso rubino; odore: vinoso caratteristico; sapore: asciutto, corposo, sapido;
LE VIRTU' TERAPEUTICHE DEL VINO
Circa 4000 anni a.c. nella medicina indù e in quella cinese il vino era chiamato con la parola “gestin” serviva come medicamento, necessario a rinvigorire la salute ed a prolungare la vita. • Dalla Mesopotamia, dall’India e dalla Cina i rudimenti della medicina ben presto arrivarono in Egitto: il papiro medico di Ebers contiene circa mille ricette in cui vengono adoperato il vino, la birra e l’uva (ad esempio per stimolare l’appetito, cuocere insieme carne, vino, birra dolce, fichi e sedano, filtrare bene per quattro giorni).
• Nell’Iliade e nell’odissea il vino più pregiato viene conservato assieme ai tesori più preziosi e viene utilizzato come corroborante, per ritemprare le forze e dare maggior ardire nella lotta, e, per uso esterno, per frizioni, in chirurgia e per medicare ferite.
• Nella sobria Sparta venivano lavati col vino i neonati di sesso maschile, futuri guerrieri. Vini pesanti ed aromatici si usavano per fare massaggi, per fortificare i muscoli degli atleti nel circo e dei soldati in guerra; il vino caldo con infusi di cannella confortava i febbricitanti e, mischiato col miele ed altri prodotti, veniva utilizzato per combattere l’anemia e la clorosi; e, ancora, particolarmente efficace per cicatrizzare le piaghe e per evitare le infezioni.
• Ippocrate (460- 377 a.c.) padre della medicina scriveva che il vino “è cosa eccellente, adatta all’uomo se, in salute come in malattia, viene assunto in modo appropriato…” e” Il vino dolce è lassativo. Il vino bianco è diuretico. Il vino rosato e quello rosso forte sono più nutrienti del bianco, ma più pesanti…All’acqua, come bevanda nelle malattie acute, non saprei quali effetti attribuire”.
• Catone il censore, famoso per la sua parsimonia, faceva attribuire ogni giorno a ciascuno dei suoi schiavi circa tre quarti di vino, per conservarli in buona salute e per ottenere un migliore rendimento nel conservarli in buona salute e per ottenere un migliore rendimento nel lavoro. Le sue prescrizioni consistevano nell’uso del cavolo, considerato panacea per ogni malattia, e del vino, usato soprattutto come eccepiente o veicolo di altri medicamenti in esso infusi. Nel” De re rustica” raccomanda quello preparato con il ginepro, contro la sciatica, e quello con il mirto, come calmante ed antidolorifico; e, inoltre, contro la stitichezza, i vermi, la cefalea, la stranguria e la dispepsia.
• E Virgilio, intuendo che l’uomo dovesse creare una stretta comunione con il terreno da coltivare e con le forze cosmiche, invita a lavorare nudi la vigna” Nudus ara, sere nudus”.
• A quei tempi era convinzione diffusa che il vino calmasse i dolori; anche a Cristo, prima della crocifissione, fu dato da bere un miscuglio di vino e miele” affinché rimanesse stordito e sentisse meno dolore”.
• Fu San Luca, patrono dei medici, che inventò, per curare le piaghe, il famoso” balsamo di
Tornamina” , a base di olio e vino.
• E San Paolo, nella prima lettera a Timoteo, lo invita a “ non continuare a bere acqua soltanto ma fa uso anche di un po’ di vino, a causa del tuo stomaco e delle tue frequenti indisposizioni” .
• Aulo Cornelio Celso, il cicerone dei medici, prescriveva il vino a scopo terapeutico in quasi tutte le malattie, dalla tosse al mal di stomaco, agli avvelenamenti, quale cicatrizzante ed emostatico, e persino, nell’idrope e nell’itterizia. La farmacopea medievale è ricca di ricette a base di vino; la più originale, almeno per le indicazioni, è quella del “vino di cipolla”, del quale se ne consigliavano almeno tre bicchieri al giorno contro la cirrosi. Ma bisognò arrivare al X secolo per trovare, nella medicina araba, l’origine della farmacologia, con l’introduzione di nuovi medicamenti nella pratica clinica.
• Sant’Alberto Magna nel “segreti” insegna che per favorire la potenza amorosa occorre bere tre bicchieri al giorno di vino rosso in cui siano stati posti in infusione gli organi sessuali “dell’animale più caldo, estirpati nell’ora più calda della giornata” , essiccati e triturati.
• Michele Savonarola (1384-1553) , nell’opera “De Confidentia acqua vitae”, approfondì, sotto svariate angolazioni, l’uso terapeutico del vino e dei distillati.
• E il medico Jean Cuba, nel 1539, scriveva che” il vino conforta la digestione dello stomaco, e così fa la seconda digestione che si compie nel fegato”.
• Fagon, medico alla corte di Francia, ritemprò le forze del Re Sole e lo guarì da una fastidiosissima fistola, trattandola con un” decotto di assenzio, scorze di melograno, rosa di Provis e foglie di mirto, bollite in vino rosso”.
• Anche Napoleone Bonaparte apprezzava il vino Chambertin, del quale portava sempre una provvista nelle casse della carrozza; il pane inzuppato nel vino rappresentava l’unico rimedio per temprare il bruciore di stomaco che lo affliggeva cronicamente.
Nel Cilento, la miseria ha reso necessario che il vino venisse usato anche per le sue proprietà energetiche, come alimento, “ elemento di vita”. In definitiva, considerando che è fuori di dubbio che un bicchiere di vino, ai pasti, non abbia mai fatto male e che una festa senza qualche coppa di spumante perda molto dell’allegria, sorge spontaneo chiedersi cosa sia veramente il vino e se e quali possibili effetti benefici possa avere.
Il vino è una soluzione idroalcolica complessa, in cui possono essere identificate circa settecento sostanze, tutte importantissime dal punto di vista organolettico, ed alcune farmacologicamente attive, ed interviene variamente nella nostra alimentazione, con effetti differenziati e singolari nella funzionalità del nostro organismo. Il suo rapporto energetico è dovuto quasi esclusivamente all’etanolo: ogni grammo di alcol sviluppa 7 calorie, disponibili per l’organismo in tempi brevi (25-30 minuti) se lo stomaco è vuoto, dopo 1-2 ore se lo stomaco è pieno. Quantità moderate, ingerite durante i pasti, svolgono un effetto favorevole sulle attività digestive.
Un litro di vino contiene, in media, 1.5-2 grammi per litro di sali minerali, in particolare potassio e magnesio. Il potassio, oltre ad avere influenza sull’attività muscolare ed un’azione antiacida sullo stomaco (effetto tampone), ha una importante azione diuretica ed ipotensiva.
Sul magnesio si è recentemente focalizzato l’interesse degli studiosi, in particolare neuropsichiatri e cardiologi, perché una carenza di tale elemento può simulare sindromi depressive ed asteniche, oppure può essere all’origine di aritmie cardiache fino all’insorgere di episodi di fibrillazione. Ed è proprio la presenza di magnesio a conferire al vino, assunto in dosi moderate, il suo effetto ansiolitico e, contemporaneamente, stimolante in condizioni di stress.
Importante è anche il ruolo delle vitamine in esso contenute: quelle del gruppo B intervengono nel metabolismo delle proteine, degli zuccheri e dei grassi, sono preziose per il sistema nervoso e per la salute della pelle e delle mucose; la vitamina P ha un’importante azione protettiva sui capillari; la vitamina C collabora con la vitamina P alla protezione dei vasi e difende l’organismo dalle infezioni e dall’invecchiamento (effetto anti-ossidante). Da un recente studio inglese, British Regional Heart Study, viene l’indicazione che un’assunzione giornaliera di oltre 50 grammi di alcol (pari a poco meno di mezzo litro di vino) possa non essere nociva, anzi- in assenza di altre specifiche controindicazioni- produrre benefici effetti sull’organismo umano ed in particolare possa rivestire un ruolo protettivo nel rischio di malattia cardiovascolare. Queste sono alcune tra le più importanti indicazioni della scienza ufficiale. Il vino è, senza dubbio, destinato a riservarci altre sorprese, purché impariamo a berlo secondo modalità corrette, privilegiando la qualità rispetto alla quantità.